Wu Ming e il negazionismo epidemiologico

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Il punto è semplice: il post di Wu Ming sull’emergenza coronavirus, ipercondiviso negli ambienti radicali, è un’imbarazzante collezione di dietrologie e complottismi fondati sul nulla, o meglio su sillogismi evidentemente falsi.

Qualche esempio delle fallacie del post:

– ritiene stupide le restrizioni per i bambini perchè “tanto i bambini sono quasi immuni”: ridicolizzando “la scelta di chiudere le scuole per un virus che non colpisce i bambini e falcidia soprattutto anziani – i quali, di norma, non bazzicavano le aule”. Peccato che i bimbi sono sì quasi immuni alle complicazioni più gravi, ma vengono contagiati lo stesso e sono quindi un potente veicolo di contagio di altri soggetti deboli

– afferma che il fatto che i musei siano stati chiusi mentre le biblioteche e le palestre no è  prova (!) del fatto che le restrizioni siano inutili e che scopo delle misure è integralmente politico e privo di motivazioni sanitarie: secondo loro, o si chiude tutto o non si chiude niente (ai malati di ipersoluzioni simili consiglio la lettura “Di bene in peggio” di Watzlawick)

– cita a puntello della supposta inutilità delle misure restrittive tanti “casi presi a caso”: la Sars in Canada, l’influenza suina in Australia e addirittura l’Ebola in Africa, ovvero patologie con mortalità, facilità e modalità di contagio notevolmente (a volte completamente) differenti dall’attuale, come se invece tutte le epidemie fossero identiche ed interscambiabili

– proclama ulteriormente l’inefficacia delle misure restrittive sulla base di un (1) articolo scientifico di un anno fa. Peccato che basti leggerne l’abstract per scoprire che non dice assolutamente che le misure restrittive siano inefficaci, ma piuttosto che debbano essere valutate sulla base delle condizioni sociali e delle caratteristiche dell’epidemia.. cosa che i Wu Ming si guardano bene dal fare

– in conseguenza delle “prove” succitate, cataloga come “paradosso” il divieto di assembramenti perchè impedirebbe “l’elaborazione collettiva dell’emergenza”, trascurando il fatto che tali elaborazioni collettive e conseguenti contagi aggraverebbero l’emergenza stessa ben più di quanto contribuirebbero ad alleviarla

– dopo una lunga citazione di Foucault, utilissima per dare una patina di legittimità e coerenza a ciò che non ce l’ha, non ci viene neanche risparmiata la lamentela per le conseguenze delle restrizioni sulle attività produttive e sui lavoratori, ovvero gli stessi argomenti usati per perpetuare tragedie sanitarie come l’ILVA di Taranto

– ciliegina sulla torta, sulla scorta di queste “prove” conclude che è tutto un’inganno per fare teatro, che tanto non muore nessuno che non sarebbe morto comunque. Addirittura, cercare il paziente zero non sarebbe un utile modo per tracciare il contagio, ma semplicemente un’inutile “paranoia”.

Esemplare, nella sua criminosità minimizzante, questo passaggio (le parentesi quadre sono mie):” I pochi morti che il Covid 19 ha fatto sono quasi tutti over 80 e già debilitati da altre patologie. [ah beh, in effetti chissenefrega degli over 80 malati] Probabilmente [eh già: probabilmente] il virus è già in Italia da settimane, un sacco di gente se l’è già preso ed è guarita, e altri se lo stanno prendendo senza entrare nei radar. Se non sei già messo male di tuo, può colpirti duro, ma lo superi [è noto che le polmoniti, anche quando guariscono, lasciano spesso danni permanenti alla funzionalità polmonare]. In fondo il quadro clinico è molto simile a quelli delle influenze stagionali – che ogni anno, solo in Italia, uccidono ottomila persone, mentre al momento i morti accertati per Covid 19 sono solo sette (7)”.

Vale la pena notare che  ad oggi, in Italia, su 383 casi, ci sono 35 casi critici e 12 morti. Se non facessimo nulla e lasciassimo che il contagio fosse esteso a quattro milioni di persone, ovvero molto meno dei sei milioni e passa che si prendono l’influenza ogni anno nonostante i vaccini antiinfluenzali, avremmo un ordine di grandezza di 350.000 casi critici, a fronte di circa 4000 posti letto per terapie intensive: a quel punto, con gli ospedali intasati e non in grado di curare i casi critici, ci si può aspettare  ben più del minimo di 100.000 morti che si ottiene semplicemente estrapolando i dati attuali.. ma chissenefrega, tanto secondo loro saranno quasi tutti anziani over 80!] .”

Insomma, alla fine si arriva alle medesime conclusione di un Gramellini qualunque, con in più un tocco di complottismo: le misure restrittive sono “un diversivo” per sviare l’attenzione dalle colpe del capitalismo e dai veri problemi! Quindi, amici, battetevene le palle, assembratevi, e starnutite sereni sul primo anziano che passa, tanto è tutta una bufala del Capitale.

A scanso di equivoci: certo che è importante investire nella sanità pubblica, certo che “il capitalismo” ha tutto l’interesse a che non si parli di cause sistemiche, certo che ci sono gruppi di interesse intenzionati a favorire la psicosi! Ma vivaddio, queste non sono buone ragioni per gettar via il bambino insieme con l’acqua sporca. Negare (con argomenti del tutto inconsistenti) l’utilità delle misure restrittive suggerite da tutte le organizzazioni sanitarie internazionali pur di portare a casa la propria tesi si situa a cavallo tra la crassa ignoranza e la disonestà intellettuale

Letto con disincanto, va detto che questo post è talmente di basso livello che ci si chiede come sia possibile che abbia tutto questo successo. Una possibile spiegazione sta nel bisogno di identificarsi in una comunità (di cui i Wu Ming sono punto di riferimento), ma parte della spiegazione sta anche nella pulsione innata nell’animo umano che, messo di fronte ad un pericolo di fronte al quale è impotente, è molto propenso ad illudersi che in fondo questo problema non esista.

Il meccanismo è peraltro analogo a ciò che succede con i problemi ambientali, dal riscaldamento globale all’inquinamento da PM10. Certo, stupisce non poco che proprio chi si incazza con i negazionisti climatici si trasformi poi in un negazionista dell’epidemia, ma è semplicemente un’ulteriore testimonianza dell’expectation bias: ognuno ha delle opinioni preesistenti e in base a quelle interpreta la realtà come più gli fa comodo.

Superare questo bias non è semplice, ma necessario se non vogliamo che l’intera opinione pubblica si trasformi in un insieme di bolle autoreferenziali e non comunicanti incapaci di riflettere sulla complessità del reale e quindi di prospettare progressi rispetto all’esistente.

 

 

 

Informazioni su Alessandro Ferretti

Ricercatore all'Università di Torino, dipartimento di Fisica. Leggo molto, e per compensare ogni tanto scrivo.
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4 risposte a Wu Ming e il negazionismo epidemiologico

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  3. ruzino ha detto:

    Va annotato, come coerente proseguio, il recente articolo di Wu Ming del 15 novembre in tema di “negazionismo”. Molto bianco/nero, scarsamente analitico, contrappone con abbondante uso di presupposti dogmatici (“è evidente che”) il “mainstream” al resto del mondo. Immaturo: voto, sei meno meno.

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