“Mentre tutti pensano al coronavirus, la gente muore di influenza, di fame, di inquinamento, di omofobia, di lavoro, in mare sui barconi, uccisa da regimi repressivi, dalla guerra…”. E’ ormai evidente che la mania di essere “contro” piuttosto che “pro” è la cifra del nostro tempo: ma la tendenza sociale a sottolineare le divergenze piuttosto che ciò che ci accomuna sta degenerando al punto che ormai si contrappongono temi e questioni che non sono affatto contrapposte. E’ come se il mondo fosse un enorme gioco a somma zero, nel quale il guadagno di uno debba necessariamente implicare una perdita per qualcun altro.
Eppure, basterebbe tirarsi fuori da quest’ottica negativa per capire che combattere contro il coronavirus non implica affatto smettere di lottare contro l’inquinamento, la fame, lo sfruttamento il razzismo, il capitalismo, il patriarcato etc. Anzi: insistendo nell’affrontare una sola tematica alla volta si rischia che le lotte “settoriali” e “contro” si trasformino in lotte autoreferenziali, in cui una parte della società finisce per battersi per il miglioramento delle sue condizioni di vita a discapito di tutti gli altri. Che senso ha lottare contro il sessismo disinteressandosi delle disuguaglianze sociali? Che senso ha combattere contro il capitalismo senza battersi contro i cambiamenti climatici?
Le lotte “settoriali” possono invece assumere un senso politico e progressista se si fanno tutte insieme. Mettendo insieme i “contro” (di cui pare che oggi sia difficile fare a meno) si può provare ad individuare meglio una prospettiva politica positiva, che è ciò di cui oggi a sinistra si sente più la mancanza. Ad esempio, essere contemporaneamente antifascisti, antirazzisti e antisessisti definisce molto meglio l’agire politico rispetto ad essere solo antifascista, e serve a trovare terreni comuni e compagni di lotta.
Quindi, la prossima volta che state per postare qualcosa che inizia con “invece che”, provate a pensare se veramente quelle cose sono contrapposte, se davvero una impedisce l’altra. Oltre alle divergenze, proviamo a cercare le affinità: magari, quell'”invece che” è solamente un riflesso condizionato da una società che favorisce l’atomizzazione di mille conflitti e finisce così per impedire la costituzione di un pensiero politico ampio che dia prospettive di progresso concrete e realizzabili… e ci renderemo conto che a volte siamo talmente impegnati a distinguerci e a prendercela con gli altri da non capire che, così facendo, finiamo per perpetuare la nostra stessa impotenza sociale.