Coronavirus, TINA: la società non è davanti a un bivio, ma davanti a un muro.

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Posso perfettamente capire che cosa significhino le restrizioni antivirus per molte persone: equivale a perdere il lavoro, con tutte le tremende conseguenze del caso, ed è quindi comprensibile che alcune di esse chiedano la fine o l’allentamento dei provvedimenti.
La realtà però è una sola: se si togliessero le restrizioni nel giro di poco tempo si ammalerebbe una enorme quantità di persone e il mero peso di un simile contagio bloccherebbe tutto lo stesso, anzi ancora più irrimediabilmente, e ovviamente con molte più vittime.
La realtà ci dice che There Is No Alternative: la scelta tra il mantenere le restrizioni per prevenire il contagio e toglierle per dare “ossigeno” all’economia semplicemente non esiste, perchè la seconda opzione ci porta dritti ad un blocco ancor più completo e doloroso. È anche per questo che anche se il governo è estremamente “sensibile” alle istanze padronali le restrizioni continuano e vengono estese: evidentemente i grandi capitalisti hanno capito che lasciar esplodere i contagi sarebbe esiziale anche per i loro interessi, alla faccia dei complottismi alla Wu Ming.
L’unica soluzione al dramma di chi rischia il lavoro sta nel risalire alle cause primarie della situazione: il virus mette a rischio economico moltissime persone semplicemente perchè lo stato liberale non vuole/non può svolgere la funzione di ammortizzatore sociale.
L’epidemia, in modo ancor più chiaro della crisi ambientale, sta mettendo definitivamente a nudo la fragilità e l’inumanità di un sistema che fa vivere milioni di persone sul filo del rasoio economico ma che al tempo stesso dipende da queste stesse persone per la sua sopravvivenza: un sistema intrinsecamente instabile, in cui l’effetto di ogni intoppo viene moltiplicato a dismisura.
Se nel 2008 l’imprudenza di alcune banche USA nella concessione di mutui ha provocato una recessione globale pluriennale, una reale emergenza sanitaria globale è in grado di generare danni di gran lunga più spaventosi, ancora difficili da immaginare… e proviamo a pensare a cosa succederebbe se l’anno prossimo arrivasse un virus più grave di questo!
Insomma: dal momento che non c’è alternativa alle misure anti-contagio, l’unica possibilità sta nel trasformare il sistema economico-sociale in modo che sia resiliente. Abbiamo bisogno di un sistema in cui la collettività si rende conto che ognuno dipende dagli altri, che nessuno può salvarsi da solo e che tutti devono prendersi cura di tutti. Anche l’impiegato statale non può starsene tranquillo, perchè le tasse da cui arriva il suo stipendio dipendono dal funzionamento dell’intero sistema. Il vero nemico da battere è l’individualismo, sia dentro che fuori di noi.
Non siamo quindi davanti a un bivio, ma a una curva a gomito. La “scelta” è tra continuare ad andare dritto finendo contro un muro di mattoni o tirare il freno a mano cambiando direzione: prima ce ne renderemo conto e più probabilità avremo di evitare lo schianto.

Informazioni su Alessandro Ferretti

Ricercatore all'Università di Torino, dipartimento di Fisica. Leggo molto, e per compensare ogni tanto scrivo.
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