Tre grafici per fare il punto della situazione coronavirus in Italia: tamponi per tutti?

Oggi mi sono imbattuto in un sito realizzato da Emanuele Degani che, tra le altre cose, permette di confrontare graficamente l’andamento dei contagi nelle diverse province italiane. Ottimo strumento, perchè il livello provinciale è di importanza essenziale per capire le dinamiche del contagio e come stanno andando le misure restrittive.

Ho pensato quindi al modo di estrarre il massimo di informazioni con il minimo di grafici e di complicazioni inutili. Alla fine, il risultato è che con tre grafici di livello niubbo, poche parole e zero matematica si possono vedere un sacco di cose: qualitative, certo, ma utili.

Nel primo grafico vedremo le quattro province attualmente più colpite: sono nell’ordine Bergamo, Brescia, Milano e Cremona e da sole hanno più di un terzo dei contagiati italiani.

 

lombardia-sola

Il grafico mostra i contagiati totali a partire dal 23 febbraio, il giorno in cui è scattato il primo lockdown nel Lodigiano. C’è già una sorpresa: manca proprio Lodi, ovvero la provincia da cui tutto è partito!
Guardando come stanno salendo i contagi, purtroppo è chiaro che la situazione è ancora ben lontana dal risolversi.. ma confrontiamo attentamente le quattro province, perchè l’andamento sembra simile ma è significativamente differente.

Guardando a sinistra, all’inizio dei dati, vediamo che la situazione di Bergamo (rosso) e Cremona (verde) era inizialmente quasi uguale, ma dopo circa una settimana Cremona ha cominciato a salire più lentamente al punto che adesso ha meno della metà dei contagiati di Bergamo.

Adesso guardiamo Brescia (blu) e Milano (viola). Anche esse partono in modo molto simile, solo più tardi rispetto alle altre due: poi, Brescia comincia a salire fortemente in modo simile a Bergamo, mentre Milano rallenta.

Possiamo spiegare questi diversi comportamenti? Ci sono mille spiegazioni possibili, ovviamente, ma provate  a riguardare la cartina: Cremona e Milano, che sono quelle con il contagio più lento, confinano con Lodi, mentre Bergamo e Brescia in cui il contagio è rapido non confinano con Lodi. Brescia in particolare sembra ben distante.

541px-Map_of_region_of_Lombardy,_Italy,_with_provinces-it.svg

E se fosse che i cittadini delle province immediatamente confinanti con Lodi hanno avvertito il pericolo in modo più netto rispetto alle province più distanti e sono stati mediamente più attenti? Mentre a Bergamo e Brescia hanno avvertito il pericolo come più lontano e hanno preso relativamente meno precauzioni?

Andiamo finalmente a vedere il dato di Lodi: è stata a lungo la provincia italiana con più contagiati in assoluto.. e adesso dov’è? Eccola qui.

 

Lombardia-lodi

E’ lo stesso grafico di prima, semplicemente con Lodi (in verde) al posto di Cremona. Guardate come salgono più lentamente i punti verdi. Sono dati che si commentano da soli.

Una spiegazione di insieme potrebbe essere che le restrizioni sono molto efficaci nel rallentare il contagio, ma che anche senza restrizioni si notano contagi minori laddove i cittadini sono presumibilmente più allertati e più prudenti.

L’ultimo grafico, per capire la situazione di tutto il nord Italia, contiene un confronto tra le province con più contagi delle quattro regioni più colpite. Per la Lombardia è naturalmente Bergamo, per il Veneto è Padova, per l’Emilia è Piacenza (che confina con Lodi) e per il Piemonte è (ahimè!) Torino. Roma (non mostrata) ha un dato quasi sovrapponibile a quello di Torino.

lombardia-resto

Come vedete, in Veneto, Emilia e Piemonte la situazione è per il momento molto migliore, anche se non è ovviamente il caso di cantar vittoria o di abbassare la guardia fino a quando la salita non cessa.

Ultima osservazione, problematica: l’andamento di Lodi è rinfrancante da un lato, ma preoccupante da un altro: a distanza di quasi un mese dal lockdown di parte del lodigiano, i contagi totali salgono molto più lentamente, ma continuano comunque a salire e quindi non si possono attenuare le misure, con tutto ciò che ne consegue.

Un confronto con la Corea del Sud può aiutare a capire il problema: i coreani hanno agito con grande tempestività e con un ampio uso di tamponi mirati a tutti coloro che erano stati in contatto con i contagiati, anche se non mostravano sintomi. Grazie a questo approccio hanno avuto un enorme successo nel limitare moltissimo il contagio effettivo e quindi la mortalità: eppure, i coreani continuano ancor oggi a registrare decine di nuovi casi al giorno. Anche la Cina, in cui le restrizioni sono state introdotte molto tempo prima, ci sono ancora 20 nuovi casi al giorno. Insomma, l’eradicazione sembra richiedere moltissimo tempo… e per di più c’è il rischio che il virus si rimanifesti, riportato dall’esterno.

In attesa speanzosa, ma purtroppo niente affatto scontata, di un vaccino efficace e di farmaci decisivi, che fare? L’unica possibilità in linea teorica che mi viene in mente per risolvere un problema universale è quella di adottare un provvedimento altrettanto universale, ovvero: fare il tampone a tutti indistintamente.

Se fosse possibile fare il test a tutti periodicamente (ogni due settimane, nelle fasi iniziali?) portando a livelli sostenibili il problema dei falsi positivi [se non sai cos’è un falso positivo, leggi il primo commento], allora avremmo la possibilità concreta di conoscere tutti i casi di virus e di metterli in quarantena per consentir loro di non contagiare altri, senza affidarci all’attuale roulette in cui molti contagiati non sanno neanche di avere il virus e continuano inconsapevolmente a diffonderlo nonostante le restrizioni.

E’ fattibile? Ovviamente questo dipende anche dalla disponibilità di tamponi con efficienza sufficientemente elevata e bassissimi falsi positivi con un costo sostenibile e semplici da somministrare ed analizzare: però queste richieste non appaiono ostacoli insormontabili (già adesso si leggono notizie di kit fai-da-te a 25 euro l’uno) o per lo meno sono sormontabili molto più rapidamente rispetto al trovare vaccini e farmaci o abbandonarsi all’improbabile quanto criminale immunità di gregge.

Insomma, alla luce della drammatica situazione attuale quella dei test a tappeto è una strada che appare sempre più l’unica sostenibile se vogliamo arrivare ad avere una prospettiva positiva di uscita dall’emergenza. Teniamo conto che per adesso siamo solo agli inizi delle restrizioni e che le restrizioni hanno un costo non solo economico, ma anche sociale e psicologico estremamente elevato.

Dobbiamo renderci conto il prima possibile che continuare con le restrizioni negative, alla cieca, su scala nazionale è alla lunga insostenibile. Ci vuole una prospettiva positiva, come quella di individuare il contagio per bloccarlo in modo deciso: e ovviamente, più bassi saranno i numeri dei contagiati quando inizieremo i test universali, meno persone avranno da soffrire in prima persona o per i propri cari.

Informazioni su Alessandro Ferretti

Ricercatore all'Università di Torino, dipartimento di Fisica. Leggo molto, e per compensare ogni tanto scrivo.
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9 risposte a Tre grafici per fare il punto della situazione coronavirus in Italia: tamponi per tutti?

  1. Nicola ha detto:

    Ottimo commento.
    Non capisco chi sarebbero i falsi positivi.

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    • I falsi positivi sono i casi in cui tu non hai il virus, ma il test si sbaglia e ti dice che ce l’hai. Se fai il test a tantissime persone, avere un test che sbaglia in questo modo è problematico perchè gonfia artificialmente il numero dei contagiati disperdendo le poche energie che invece vanno dirette il più possibile dove sono veramente necessarie.

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  2. Franco Bungaro ha detto:

    I tempi per le analisi sono però piuttosto lunghi. Quando l’ha fatto una famiglia che conosco in UK l’altra settimana ha avuto il responso dopo 48 ore. A Torino colleghi delle Molinette mi parlavano anche di 4 giorni. Il sovraccarico di un testing diffuso non sembrerebbe sostenibile. Tradotto, il kit di cui parli fa tutto?

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  3. Massimo Pirini ha detto:

    Io penso che la metodica dei tamponi a tutti funzionerebbe ad una condizione: che tutta la popolazione ad un tempo 0 facesse contemporaneamnete il tampone. Questo perchè se io faccio un tampone oggi e sono negativo e domani vengo a conatto con una persona infetta che farà il tampone solo tra qualche giorno, il mio tampone è stato inutile. E’ un gatto che si morde la coda e non se ne esce in tempi brevi. La soluzione potrebbe quindi vedere o tamponi a tutti contamporaneamente (ma la vedo di difficile attuazione) o tamponi scaglionati entro i 15 giorni e poi quarantena a tutti (negativi e positivi) fino alla fine dello screening.

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  4. Pingback: Coronavirus a Torino: due grafici e due numeri per fare il punto ad oggi (18/3) | Alessandro Ferretti

  5. Luigi Ottolini ha detto:

    Grazie, professore. Un’altra proposta di lettura del motivo per cui la crescita nella province limitrofe al lodigiano sia più lenta: e se fosse che nel lodigiano una parte consistente della popolazione sia già stata colpita e, superatolo, immunizzata al virus?
    D’altronde il focolaio lodigiano, come quello veneto così lontano da aeroporti e snodi internazionali suggerisce che il virus circolasse già da un po’.. cito la dott.ssa Capua, non è un’idea mia ovviamente

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    • Ciao Luigi, in generale le epidemie si arrestano per immunizzazione quando il numero dei contagiati totali si avvicina al totale della popolazione. La popolazione della provincia di Lodi è di circa 220.000 abitanti, quindi bisognerebbe supporre che i contagiati reali siano almeno 100 volte di più dei 1.400 noti ad oggi.. mi pare molto improbabile!

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