Tasse universitarie in diminuzione in UK, ovvero: il fallimento irreversibile dell’università neoliberista fondata su rette elevate e prestiti d’onore

E’ notizia di oggi che il governo conservatore ha proposto di ridurre le tasse universitarie inglesi da 9.000 a 8.500 sterline. Sembra una buona notizia: forse BoJo ha capito che l’istruzione superiore deve essere più accessibile? Tutt’altro: ha invece scoperto che l’università a carico degli studenti è un fallimento su tutta la linea, anche per le casse dello stato.

La storia inizia nel 2010 quando, tra le proteste degli studenti, il governo decise di alzare le tasse da 3.000 a 9.000 sterline l’anno. I conservatori si giustificarono dicendo che i laureati guadagnano più degli altri, e quindi non era giusto sovvenzionare pubblicamente le università perchè equivaleva a finanziare i ricchi con i soldi dei poveri.
Per chi non poteva permettersi simili cifre, fu introdotto un sistema di prestiti d’onore con tasso di interesse al 6% (da confrontare con un tasso di interesse bancario dello 0,1%), garantito dallo stato inglese in caso di insolvenza dello studente.

A dieci anni di distanza, il bilancio è semplicemente disastroso. Già a partire dal 2014 lo stato si è trovato a spendere di più (ripagando debiti) di quanto spendesse prima della riforma, quando finanziava le università direttamente. La situazione ha comunque continuato a peggiorare: oggi le statistiche dicono che l’ammontare medio del debito studentesco individuale alla laurea è passato dalle 16.000 sterline del 2011 alle 45.000 sterline di quest’anno, e solo il 25% degli studenti sarà in grado di ripagarlo completamente. Attualmente l’insoluto ammonta a 160 miliardi di sterline (quasi 190 miliardi di euro), ma salirà a 560 miliardi nel 2050 e secondo le stime, il governo dovrà accollarsi il 53% del totale dei prestiti.

Per porre rimedio, il mese scorso il governo inglese ha proposto di abbassare a 21.000 sterline la soglia di reddito al di sopra della quale lo studente deve ripagare il debito (ovvero, ben al di sotto delle 31.000 sterline che sono il salario medio UK), e di alzare fortemente i versamenti. In questo modo, chi guadagna 30.000 sterline/anno si ritroverebbe una rata annua più che triplicata. Vale la pena notare che in questo modo si ridurrebbe la quota governativa del debito dal 53% al 44%: quindi, nonostante la durezza, la proposta (che ha già suscitato decise proteste) non sarebbe risolutiva.

Students dressed in hazmat suits and masks protest in London against having to pay high rents and fees, holding banners stating they are students, not consumers.



Arriviamo all’oggi: il governo ha quindi proposto di ridurre le tasse ad 8.500 sterline non per buon cuore, ma semplicemente per diminuire l’ammontare di debito non ripagato che graverà sulle casse statali. E’ evidente che neanche questa proposta può essere risolutiva, ma avrà comunque gravi conseguenze: infatti questa modesta riduzione spingerà le università a recuperare la somma perduta riducendo il salario ai lavoratori e aumentando le rette per le residenze studentesche.

Insomma, la trovata ideologica “sono gli studenti a guadagnare dall’istruzione, quindi se la paghino loro” è riuscita nell’impresa di peggiorare la situazione di tutti: degli atenei, degli studenti, dei lavoratori, dello stato… e le prospettive sono di un ulteriore incancrenimento del problema. Ci vorrebbe il coraggio di ammettere che la trovata di alzare le tasse è fallimentare e di ritornare al finanziamento diretto ma, nonostante l’evidenza, il governo inglese si guarda bene dal farlo. L’ideologia di un mercato che “regoli” ogni aspetto della vita sociale ha la meglio su tutto, anche sulla realtà dei fatti.

Vale la pena ricordare che anche qui da noi, dieci anni fa, ci fu una campagna ideologica con Andrea Ichino in prima fila, ben supportato da Confindustria & co, che incitava a seguire la stessa strada che ha portato l’università inglese in un vicolo cieco. Per fortuna ai tempi l’eco delle proteste universitarie del 2008-2010 era ancora viva e il tentativo fu sventato, ma sappiamo che gli ideologi della premiata ditta M&M (Merito & Mercato) sono sempre in agguato.. ci hanno riprovato nel 2019, e stiamo pur certi che ci riproveranno ancora. All’occhio!

Informazioni su Alessandro Ferretti

Ricercatore all'Università di Torino, dipartimento di Fisica. Leggo molto, e per compensare ogni tanto scrivo.
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