Il grande ritorno dello sganassone educativo (autoritarismo parte 2)

La famiglia, in fondo, è una società in miniatura: è logico quindi che le tendenze sociali influenzino le famiglie e i modelli familiari influenzino la società. Quindi, per provare a capire meglio cosa succede nella società possiamo a dare uno sguardo a quello che è successo e succede nelle famiglie, in particolar modo all’educazione dei figli.

Fino agli anni ’50 i modelli educativi in Italia erano fortemente autoritari: regole strette e rispetto assoluto dell’autorità paterna, se necessario con largo impiego di uomini neri, castighi e sberle. Come per la società questo modello cominciò a sgretolarsi negli anni ’60, principalmente per l’influsso di un grande cambiamento culturale avvenuto all’estero.
Nel 1946 era infatti stato pubblicato negli USA il famoso libro sull’educazione dei bambini del dottor Benjamin Spock (che non è quello di Star Trek!) . Cosa diceva il dottor Spock? Per sommi capi, diceva i genitori di pensare con la loro testa: sconsigliava l’applicazione cieca di regole uguali per tutti ed invitava a considerare le particolari inclinazioni individuali dei propri figli, abbandonando la rigidità in favore della flessibilità e soprattutto manifestando apertamente l’affetto nei loro confronti.
Il libro ebbe in breve tempo un successo spaziale, principalmente dovuto al passaparola: dopo sei anni aveva già raggiunto la quota di 4 milioni di copie (fu tradotto in 40 lingue e nel 1998 superò quota 50 milioni). Di sicuro, lo spirito di questo metodo educativo contribuì fortemente all’esplosione, negli anni ’60, della “controcultura” la cui onda lunga giunse anche dalle nostre parti. L’ondata inondò tutto: i genitori che insistevano con l’autoritarismo furono oggetto di riprovazione sociale, le bacchettate sulle dita e gli inginocchiamenti sui ceci sparirono dalle scuole e anche gli onnipotenti baroni universitari vennero sfidati e travolti dagli studenti del ’68, dando il via ad una nuova stagione per il mondo dell’educazione.

Tutto benone, direte voi? Non è così semplice: quando apri una gabbietta e lasci libero un uccellino abituato alla cattività, la probabilità che voli fuori dalla finestra e non riesca poi più a ritrovare neanche la casa è piuttosto elevata… e infatti, dopo la pubblicazione del libro di Spock si ingenerarono degli equivoci. Dato che Spock riteneva che i bambini fossero naturalmente portati ad un comportamento “buono” e che andassero trattati come individui e non come tabule rase, molti intesero che bisognava trattare i figli come se fossero degli adulti, cosa che però in tutta evidenza non sono affatto. Molte famiglie esagerarono quindi dall’altro lato, passando dal rigore ad un permissivismo sregolato.
Spock si rese conto del problema: nell’edizione del 1957 si espresse ad esempio contro l’allattamento a richiesta (già allora di moda), che rendeva i genitori succubi dei figli, e sottolineò il bisogno di essere “gentili, ma fermi”: i genitori devono rispettare i figli, ma devono anche chiedere di essere rispettati.
Come spesso succede, però, il “giusto mezzo” è molto difficile da trovare, particolarmente in questo caso. E’ innegabile infatti che educare i figli con la tecnica degli sganassoni sia molto più semplice:  si impongono le regole, e chi sgarra se le prende. L’investimento mentale è pari a quasi zero e il rispetto dei figli verso i genitori è garantito, anche se solo per paura. Invece, farsi rispettare senza castighi non è semplice perchè se è vero che i bambini sono in genere portati naturalmente verso un “buon” comportamento (ovvero, rispondono all’affetto con feedback positivi), è anche vero che non sanno affatto gestirsi da soli e che trattarli come se fossero degli adulti a tutti gli effetti non ha alcun senso.
Per affrontare le continue richieste di giocare col tablet non basta certo una dotta spiegazione sui danni comportamentali derivanti dal continuo utilizzo di apparati elettronici, chiudendo il discorso con un “io te l’ho detto, ora vedi tu”. Rispondere ad un bambino piccolo che chiede incessantemente di guardare i cartoni richiede cura, intelligenza emotiva ma soprattutto una notevole fatica, perchè bisognerà procurare al pupo una valida alternativa (come leggergli un libro, giocare insieme a lui, portarlo a casa di un suo amichetto o al parco…).  Certo, potenzialmente in questo modo si ottengono risultati infinitamente migliori, anche dal punto di vista della soddisfazione dei genitori, ma bisogna saperseli guadagnare con intelligenza e comunque rinunciando a parte del proprio riposo e tempo libero.

Quindi? Quindi avrete già indovinato: è successo che molti, privati dell’arma della sberla che tacita tutto in un baleno ed incapaci (per imperizia o per pigrizia) di gestire in altro modo le richieste dei figli, una volta constatata l’inefficacia del semplice approccio “adulto” si sono ritrovati a rinunciare ad essere rispettati. Il delicato equilibrio tra lasciar liberi i figli ma al contempo prendersi cura di loro si è spostato verso un cedimento generalizzato: alla decima richiesta di dargli il tablet, il genitore alla fine molla e si guadagna una temporanea tranquillità piegandosi al volere del figlio … il quale ovviamente ci mette mezzo nanosecondo a capire che basta insistere a dar fastidio per ottenere ciò che si vuole.
Così l’educazione si trasforma in un circolo vizioso di una distesa di “no” che però, tramite una raffica di capricci, si trasformano in “sì”. Resa dopo resa l’impostazione liberale si traduce in un sostanziale abbandono dei figli a loro stessi, con una particolare aggravante: il genitore che crede nella teoria del “dialogare” con i figli da pari a pari ha la tendenza ad imputare il fallimento educativo non tanto a se stesso e al suo approccio errato, ma al figlio stesso. Dato che ritiene di aver applicato la teoria educativa in modo giusto, il genitore ne deduce che ad essere sbagliato è il figlio: col cavolo che è naturalmente buono, è naturalmente stronzo! Così, in molti si ritrovano a non sopportare i loro figli e a cercare ogni scusa per sbolognarli a qualche accuditore, raccontando agli amici che non vedono l’ora che i figli “crescano e si levino dalle scatole” e ricredendosi sulle teorie educative: dato che il figlio è naturalmente stronzo, allora le teorie delle carezza sono tutte balle e bisogna ritornare urgentemente alle sana pratica della cinquina in faccia.

Se mai ci fosse bisogno di un esempio palmare di questa degenerazione, basta leggersi il recente post-invettiva di Leonardo Pieraccioni. Frustrato dalla sua assoluta incapacità di farsi rispettare dai suoi figli, ha recentemente pubblicato su FB un’impressionante quanto inconsapevole autodenuncia di tutti i suoi errori educativi, imputandoli nell’ordine alla naturale cattiveria dei figli, al “troppo benessere” e al “lascivo vivere moderno”, insomma a qualunque cosa tranne che a se stesso… raggranellando la bellezza di oltre 40.000 like!

 

 

E’ inevitabile questa oscillazione, e quindi il ritorno ai metodi educativi di anteguerra? Evidentemente no: il problema è semplicemente che molti genitori sono confusi e non hanno la minima idea di come approcciarsi ai figli, essendo per di più immersi in una cultura consumistica che fa credere loro che i figli non devono essere d’ostacolo alla continuazione del loro stile di vita pre-genitoriale.
Si può rimediare? Certo che sì: bisogna però rendere consapevoli i genitori e fornire loro degli strumenti. In generale, la scuola insegna una sempre crescente quantità di nozioni e di logica razionale, facilmente testabili con quizzoni Invalsi, e trascura sempre più il lato emotivo-empatico, fondamentale sia per quanto riguarda le interazioni sociali che l’educazione dei figli. Un’inversione di tendenza a questo riguardo non mancherebbe di dare risultati positivi sia sul piano sociale che familiare, ma è evidente che questa inversione di tendenza non rientra negli interessi di chi attualmente detiene il potere reale.

Per tirare le somme di questo e del precedente post: il problema della libertà che degenera in autoritarismo non deriva dalla libertà in sè, ma dal fatto che la libertà va gestita: altrimenti si trasforma in individualismo e abbandono delle relazioni di empatia e collaborazione con gli altri, finendo per renderci vulnerabili, generare insicurezza e quindi bisogno di certezze autoritarie. E’ quindi urgente uscire da questa tendenza che ci rende isolati, diffidenti, incapaci di capire il prossimo e perseguire invece lo sviluppo pieno delle capacità di relazionarsi con gli altri in modo positivo, costruttivo e cooperativo senza però annullare la propria individualità. Questi non sono obiettivi che possono essere delegati ad un partito politico: sono invece istanze che possono trovare espressione e forza con la partecipazione diretta, in un movimento che riunisca coloro che propugnano un mutamento culturale nei rapporti umani.

Diceva Howard Zinn: un movimento non si presenta alle elezioni, ma se è un movimento di successo chiunque vinca le elezioni deve tener conto delle sue richieste. Nessuno ricorda se l’amministrazione che recepì le istanze del grande movimento per i diritti civili degli afroamericani fu di destra o di sinistra. Invece di perdersi nelle eterne beghe partitiche di una sinistra istituzionale vecchia, residuale, autoreferenziale e in cerca di poltrone che prolunghino la sua agonia, sarebbe ben più efficace impegnarsi per dar vita ad un movimento politico e culturale: un movimento che nasca da coloro che sentono l’urgenza e il bisogno di porre le relazioni e i legami sociali orizzontali come fondamento di una vita piena e degna e lo imponga nell’agenda politica, a prescindere dalla presenza in Parlamento.
Se vogliamo impedire che l’individualismo, la gerarchia e la competizione esasperata producano i danni irreparabili (sociali ed ambientali) verso cui ci stiamo dirigendo a rotta di collo, questa è l’unica via: prima ci decideremo a percorrerla con chiarezza e coerenza e meglio sarà.

Informazioni su Alessandro Ferretti

Ricercatore all'Università di Torino, dipartimento di Fisica. Leggo molto, e per compensare ogni tanto scrivo.
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3 risposte a Il grande ritorno dello sganassone educativo (autoritarismo parte 2)

  1. laurastancampiano ha detto:

    Bello! Mi sorge però un dubbio: ma cosa fai, segui i post di Pieraccioni???? 😉

    Piace a 1 persona

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